giovedì 13 giugno 2013

Antipasto mitologico


Navigando per la rete, questa mattina, mi è passato un brivido per la schiena. Ho trovato questo interessante articolo. Godetevelo. La narrazione è affidata ad un linguaggio sintetico e molto chiaro. Quasi asettico. Eppure mentre leggevo, mi rendevo conto di essere di fronte a qualcosa che toccava direttamente le mie emozioni. Quanto erano grandi, i grandi della Quintana? Molto. Perchè? Perchè anche con una narrazione di un racconto asettica e pulita, che mira alla chiarezza dei fatti, questi personaggi mi sono sembrati dei giganti. Delle pietre miliari che hanno scritto la storia delle giostre italiane.Hanno scritto tutto. Hanno regalato un aura di mito, alle nostre rievocazioni storiche. L'articolo narra di Marcello Formica. Storico campione folignate, che ad Ascoli ha scritto la storia del sestiere di Porta Solestà. Vi anticipiamo che questo è un antipasto. In che senso? E' il primo pezzo di un lungo viaggio che accompagnerà QM a ritornare sulle vite e sulle sfide, di chi l'ha storia l'ha scritta.


Anno Domini 1980; Giostra della Sfida. Marcello Formica, sicuramente il “campionissimo” della Quintana, stravinceva la sua ultima Giostra. Un trionfo memorabile, colto in una edizione della tenzone che, proprio trent’anni fa, conosceva, nel suo ambito tecnico, una vera e propria rivoluzione copernicana. Per la prima volta, infatti, veniva introdotta la cosiddetta “somma dei tempi”.


A cura di Guglielmo Castellano, dal sito ufficiale dell'Ente Autonomo Giostra di Foligno:

In virtù di questa novità, il binomio che voleva vincere la Quintana doveva dare il massimo fin dalla prima tornata e non limitarsi più, come gli consentiva il regolamento precedente, a spendersi solo nella terza ed ultima tornata l’unica che valeva, a parità di punteggio, ai fini del computo del tempo. Anche se grandissimo, forse Marcello Formica, ormai nella parabola discendente della sua straordinaria carriera agonistica, appariva il meno indicato ad interpretare al meglio la nuova tenzone. Sulla breccia dagli anni ’50, Formica, che nel 1980 vestiva i panni di cavalier “Moro” del rione Pugilli, veniva da una tradizione quintanara vissuta sull’eterno dualismo con l’altrettanto grande Paolo Giusti. Una sfida infinita, andata in scena su altri palcoscenici nazionali (Arezzo ed Ascoli su tutti) caratterizzata da una idea di Quintana, decisamente più semplificata rispetto a quella che sarebbe andata in “onda” nel 1980. D’altronde, alla vigilia di quell’appuntamento, i favoriti erano quei fantini, provenienti soprattutto dalla scuola faentina, Gianfranco Ricci e Mario Giacomoni (che proprio l’anno precedente aveva abbattuto lo storico muro dei 60 secondi, scendendo a quota 59), fatta di foga e potenza. Eppure, malgrado ciò, Marcello Formica aveva in serbo il colpo da maestro. Il Moro si presentò al “Campo de li Giochi” in sella a Ringo; uno splendido anglo- arabo- sardo dalle ottime potenzialità. Un animale veloce ed affidabile con il quale Formica era perfettamente consapevole di poter fare la differenza. E così fu: quella di Marcello Formica fu una vera e propria cavalcata trionfale, scandita da tre giri di poco superiori al minuto, portati a termine sotto lo sguardo incredulo dei superfavoriti della vigilia. Una devastante dimostrazione di forza, concretizzata, al cospetto dei giovani rampanti degli anni ’80, da un “vecchio” veterano che aveva cominciato a vincere nei lontani anni cinquanta, quando le Giostre si disputavano al rallentatore e con riscontri cronometrici che definire biblici è poco. La grandezza di Marcello Formica è tutta qui: riuscire ad imprimere il suo sigillo attraverso tre decenni di Quintana, “leggere” con grande acume agonistico l’evoluzione delle caratteristiche tecniche della gara e riuscire sempre a trovare le motivazioni e gli equilibri per poter regolare la concorrenza. Quella della Sfida del 1980 fu la penultima Quintana disputata da Marcello Formica. L’ultima, sempre in quel 1980, fu quella della Rivincita e, solo una gravissima caduta (le cui conseguenze fecero maturare a Formica la decisione di appendere la lancia al chiodo), impedì al Moro di chiudere in modo trionfale il suo ennesimo anno quintanaro. Sempre in tandem con Ringo, Formica stava nuovamente annichilendo, a suon di tornate record, il resto della pattuglia di cavalieri. Prima di affrontare la terza ed ultima tornata disse (almeno così narra la leggenda metropolitana) ai dirigenti puellari: “domenica scorsa ho vinto per il Rione. Oggi voglio portare a termine una Giostra memorabile”. Questo voleva significare che Formica voleva strapazzare i cronometri come non mai. E, probabilmente, se l’otto di gara (decisamente più insidioso di quello di oggi) avesse supportato la grande velocità impressa a Ringo, Marcello Formica avrebbe terminato la sua fatica abbondantemente sotto al minuto. Sono passati trent’anni da quegli eventi. Marcello Formica, dal 1998 non è più tra noi, ma il suo mito, anche in virtù di quello straordinario 1980, è tutt’altro che offuscato.

S.D.