martedì 6 agosto 2013

In-Contro al-la Quintana




ASCOLI - Perché nella città delle cento torri si è tanto legati a quella cosa chiamata Quintana? Perché la rievocazione di un qualcosa dal sapore medievale scuote così tanto la cittadinanza? Proviamo a spiegarlo con molta chiarezza: la Giostra della Quintana si disputa ad Ascoli da sempre. Sono cambiate spesso le modalità con le quali il rito della tenzone cavalleresca si è effettuato, ma abbiamo la certezza che la sua esistenza affonda le sue radici nel passato più austero. Come facciamo ad esserne sicuri? E’ fondamentale leggere alcuni testi decisivi, per la formulazione di questa tesi. Si tratta degli Statuti Ascolani del 1377, Ascoli nel ‘300 di Antonio De Santis ed Ascoli nel ‘500 di Giuseppe Fabiani. Gli statuti sono una fonte storica diretta, nei quali sono presenti descrizioni della Giostra e della festa di S.Emidio. Gli altri due sono testi cardine, non si tratta di due “copia incolla” nostalgici di presunte notizie storiche e ne tantomeno due specchietti per le allodole atti ad abbindolare i turisti. Operando filologicamente una critica del testo ai volumi in questione, si può efficacemente verificare l’attendibilità delle fonti che i due autori mettono in campo all’interno della narrazione della storia cittadina, quasi sempre legate a manoscritti originali. I quali si possono consultare presso l’archivio di stato di Ascoli Piceno, presso la Curia diocesana e presso la biblioteca Polo Sant’Agostino. In questi testi spesso alla genesi degli edifici focus della città, sono associati aneddoti della vita cittadina. Tra questi, anche la Quintana. Aprendo questi tesori, è possibile trovare al loro interno, la scansione morfogenetica della città, fatta di forze inerziali legate al motore costitutivo di tutte le aggregazioni urbane storiche: l’INCONTRO tra le persone, che genera l’ordinamento della società. Il quale è, specie nel caso di Ascoli Piceno, un elemento essenziale per comprendere le differenti fasi della sua storia.
Per i pochi lettori che non lo sanno, la giostra funziona così: ci sono i sei sestieri cittadini che si sfidano in una gara di cavalieri che, in sella a un cavallo, devono colpire un bersaglio posizionato sul braccio di un moro: è la metafora della cavalleria. Primo elemento di mobilità sociale all’interno della società medievale. Si tratta infatti di uno dei primi campi in cui il merito è un elemento centrale all’interno della società. Il merito di giostra, poteva far scalare il gradino di una posizione della gerarchia sociale: un borghese poteva diventare nobile, uno schiavo liberarsi. Il simbolo del nemico è il Saracino, emblema della dicotomia delle fazioni nelle crociate. La società medievale non è la società di oggi e si farebbe un grave errore a giudicarla in termini di esclusione sociale. E’ interessante invece capire le dinamiche che hanno portato alla formazione della società odierna, specie in termini di ordinamento politico. Si tratta di un epoca dove si muovono i primi passi verso una gestione più democratica della civitas. La Giostra è anche metafora di vita. Incarna in pieno il kerygma d’ispirazione cristiana. Sintetizzando il sacro ed il profano lancia un grande messaggio: tutto è possibile, tutto può cambiare. Si ispira metaforicamente alla resurrectio mortuorum, si pensi al trionfo di un sestiere che viene da una striscia negativa e conquista il palio. E’ anche una sorta di renovatio urbis, termine rubato alla cultura romana, ma che uso per sottolineare la funzione che hanno la festa di Sant’Emidio e i relativi festeggiamenti cavallereschi : gli esuli tornavano in città, si festeggiava il Santo, si ridava un impulso nuovo alle relazioni tra i cittadini, si scandiva temporalmente il battito cardiaco della città. Così è anche oggi.
E le relazioni campanilistiche tra i sestieri? Mal s’intonano con il sentimento di incontro tra differenze fin qui presentato, direte voi. Spostiamo la riflessione ai giorni nostri: la cultura odierna è permeata da uno strisciante individualismo. La società è organizzata in minoranze, che cercano lo scontro. Quest’ultimo sembra diventato quotidianità nella gestione degli equilibri della società: si fa a gara tra nazioni, operando un braccio di ferro drammatico soprattutto in campo economico. Sta scomparendo la coesione sociale legata alla solidarietà a livello locale, nazionale ed europeo; stanno nascendo meccanismi di segregazione urbana che dall’isolamento dell’individuo traggono vantaggio per lo sviluppo di un mercato neo-liberista che razzia e distrugge. Nei sestieri invece, il collante relazionale non è la guerra contro l’Eurasia di orwelliana memoria, che tradotto in termini quintanari possiamo assimilare ad una disputa tra due sestieri; bensì la voglia di lavorare insieme per degli obiettivi comuni: la vittoria del palio, la creazione di una vita di quartiere popolare e legata alla stratificazione della storia cittadina, la coesione sociale, la solidarietà. Elementi che attualmente sicuramente scarseggiano nella società di oggi. 
Il torneo, a quanto si apprende, è nato nel 1955 e ci sono due quintanari storici di quella edizione che ancora sfilano. Nardinocchi e Pespani sono due simboli. Sono due testimoni. Hanno vissuto un momento d’oro per la nostra città, quello del dopoguerra: l’obiettivo era ricostruire un unità economica e sociale della città, ed il tentativo è stato grazie alla Quintana, quello di rievocare la storia di Ascoli. Rievocare è un atto di archeologia sperimentale. Quando un processo culturale è legato all’esperienzialità è un meccanismo in continuo divenire. La responsabilità della sua corretta interpretazione è affidata all’uomo contemporaneo. Se si vuole criticare la Quintana la critica va fatta a come questo sta gestendo il processo, non al concetto di rievocazione. All’interno di questa responsabilità ci sono casi virtuosi ed altri meno. Per giudicare un processo esperienziale è necessario viverlo dall’interno, perché è solo con l’esperienza che si può esprimere al meglio la propria opinione. Si tratta di un giudizio anti-illuminista, legato ad un tipo di ragione che nasce dal quotidiano e dalla vita vissuta. Non si tratta di un giudizio legato ad una teoria, bensì ad una successione di eventi vissuti, in grado di arricchire la vita di chi interpreta il ruolo nella rievocazione storica. E’ un processo assimilabile ad una visione utopica di matrice espressionista, della pittura, dell’architettura e delle arti in generale. Si pensi all’aura di magia in continua trasformazione delle visioni utopiche dell’espressionismo tedesco di inizio secolo, che solo tramite l’esperienza della guerra riesce a fare sintesi della propria società, aiutando la nazione a ripudiare la stessa e a regalare nuovi scenari sociali alla Germania. Sintesi possibile solo grazie all’esperienza vissuta. Scenari che non hanno avuto seguito, purtroppo, a causa dello scoppio della seconda guerra mondiale. Si trattava di anime illuminate, in un tempo sbagliato, ma oggi guardando indietro capiamo che si tratta di un processo culturale che ha dato il suo contributo alla storia del mondo e quindi già riconosciuto nella storia dell’uomo. Anche l’atmosfera magica della rievocazione quintanara, rappresenta quindi un processo culturale. 
Ogni ruolo gioca una parte essenziale nella costituzione di tale processo.  
Il ruolo del Magnifico Messere è una figura cardine per la Quintana di Ascoli perchè è descritto dagli Statuti del 1377. Si tratta di una figura molto discussa ultimamente, perché nel rievocare, si è scelto che questa è assimilabile alla persona del Sindaco della città. Il quale può scegliere liberamente se incarnare il ruolo in questione, o delegare ad altri tale incombenza. Solitamente la delega cade su un membro della Giunta comunale. Grazie a questo atto, ogni Sindaco ha l’opzione di scegliere se comparire o meno in pubblico, nei panni del Magnifico Messere. E’ una libertà che è direttamente collegata all’immagine che il primo cittadino può dare di se. E’ giusto tutto ciò? La responsabilità di questo meccanismo è affidata a tutti i quintanari e alla città. Se ci fosse stato un ente autonomo non sarebbe stato così, e ci sarebbe stato il presidente dell’ente giostra, come in altre città. Cosa è giusto fare in futuro secondo me è affidato al diritto di voto dei quintanari, dei sestieri all’interno dell’ente e all’ente stesso. Potranno decidere se cambiare qualcosa  o non toccare nulla. I processi democratici all’interno del mondo della Quintana sono sempre in fermento. Il regolamento viene aggiornato periodicamente, e la partecipazione dei quintanari è sempre più consistente. Vediamo cosa succederà negli anni che verranno.
Saranno anni densi. Ci aspetta il sessantennale della Quintana. Sarà una grande festa. Si perché nel dopoguerra nascono moltissime manifestazioni legate al territorio e la Quintana è una delle prime. Una geniale intuizione, che ogni anno amiamo rievocare, nel suo senso profondo: pensando alla tradizione, cercando la sua traduzione.



S.D.