La propria abitazione fu sempre ritenuta dall'uomo tra le cose più care e preziose, dopo la vita. Quelle quattro mura che ci videro nascere, crescere, lavorare, gioire, piangere e sperare emanano una dolce poesia che non si dimentica più.
Questi sentimenti furono spesso espressi sulle facciate, sui frontoni delle porte, sugli architravi delle finestre con motti, aforismi, massime, programmi di vita, versetti biblici di significato, rispecchiando i sentimenti del proprietario della casa.
Dal secolo XVI nell'Umbria e nelle Marche si diffuse questa usanza. La nostra città, come tutti sanno, ne abbonda.
Andando in giro sembra che, ad ogni passo, riaffiori la voce di uomini spenti da secoli: "In te, Domine, speravi non confundar in aeternum" Altre voci rispondono: "Domine, da pacem in debus nostris" - "O bone Iesu, illumina oculos meo" - "Sanctus Spiritus, da nobis gratiam".
Ed ecco voci gravi di guerrieri: "Il morir con honor vita renova" e "Chi morte teme de vita non è degno."
E poi i soliti burloni: "La turvinadolamafa." E pare di impazzire a leggerlo e a capirne il senso fino al momento in cui anagrammando le sillabe si può capire "La virtu dona la fama".
Si tratta spesso di iscrizioni risalenti alla prima metà del 1500 nate di pari passo ad un nuovo rifiorire della borghesia in città.
Voci degli uomini del passato che ancora parlano. Si sommano alle voce degli uomini del presente e formano la comunità degli uomini del futuro. Le voci della comunità ascolana che ad ogni estate guarda la sua immensa storia e rievocando, cita e fa tornare in vita le gesta che furono, le gesta che sono e scrivono la storia che ricorderemo. Pagine di Quintana da annotare nei nostri sogni. Nei sogni di tutto il popolo che anela la sua giostra.
Serafino D'Emidio
Questi sentimenti furono spesso espressi sulle facciate, sui frontoni delle porte, sugli architravi delle finestre con motti, aforismi, massime, programmi di vita, versetti biblici di significato, rispecchiando i sentimenti del proprietario della casa.
Dal secolo XVI nell'Umbria e nelle Marche si diffuse questa usanza. La nostra città, come tutti sanno, ne abbonda.
Andando in giro sembra che, ad ogni passo, riaffiori la voce di uomini spenti da secoli: "In te, Domine, speravi non confundar in aeternum" Altre voci rispondono: "Domine, da pacem in debus nostris" - "O bone Iesu, illumina oculos meo" - "Sanctus Spiritus, da nobis gratiam".
Ed ecco voci gravi di guerrieri: "Il morir con honor vita renova" e "Chi morte teme de vita non è degno."
E poi i soliti burloni: "La turvinadolamafa." E pare di impazzire a leggerlo e a capirne il senso fino al momento in cui anagrammando le sillabe si può capire "La virtu dona la fama".
Si tratta spesso di iscrizioni risalenti alla prima metà del 1500 nate di pari passo ad un nuovo rifiorire della borghesia in città.
Voci degli uomini del passato che ancora parlano. Si sommano alle voce degli uomini del presente e formano la comunità degli uomini del futuro. Le voci della comunità ascolana che ad ogni estate guarda la sua immensa storia e rievocando, cita e fa tornare in vita le gesta che furono, le gesta che sono e scrivono la storia che ricorderemo. Pagine di Quintana da annotare nei nostri sogni. Nei sogni di tutto il popolo che anela la sua giostra.
Serafino D'Emidio