Quando muore una persona di quasi 90 anni, al funerale di solito ci sono molte persone anziane. Stavolta no. Quello che ha colpito al funerale di Emilio Nardinocchi è stato vedere la chiesa – incapace di contenere tutte le persone – affollata di giovani e giovanissimi, addirittura bambini di pochi mesi. La prova di come l’amato console del sestiere di Porta Solestà e il veterano degli scout ascolani abbia seminato tanto, e bene, per tutta la vita. E’ stata una cerimonia toccante. Nardinocchi la meritava, ma che forse non avrebbe voluto visto il suo carattere schivo. Lui era sempre davanti a tutti ma a primeggiare era solo la posizione. Dietro le quinte era sempre il primo ad aiutare il prossimo dispensando consigli a tutti con una parola buona. Nella chiesa del Cuore Immacolato il feretro è stato accolto, e dopo le esequie salutato, dallo squillo delle sue chiarine e dal rullio dei suoi tamburi. Il popolo gialloblù non l’ha lasciato solo per un istante con il caposestiere Lattanzi (in costume), i capitani, il coreografo Morganti con le guardie nere ad alternarsi nel picchetto accanto alla bara fasciata nel drappo gialloblù.
Presenti tanti quintanari di ieri, oggi e domani, ma anche numerosi scout di ogni età. A partire da Pippo Bachetti che a fine messa ha ricordato il suo amico e maestro di vita. Lacrime trattenute a stento, soprattutto quando hanno preso la parola Armando Bianchini a nome di tutti i solestanti, i nipoti di Emilio, i figli Ornella e Roberto (accanto alla signora Luciana, anche il terzogenito Davide), Camillo Ludovico del Masci regionale che ha letto il telegramma del presidente nazionale del Movimento scout. Confusi tra la folla i vertici della Quintana (anche l’ex segretario dell’Ente, Giacinto Federici), il sindaco Guido Castelli, i suoi predecessori Piero Celani e Roberto Allevi, i consoli e i capisestieri con i gonfaloni, tutti listati a lutto come quello della Quintana. “L’ultimo pilastro della Quintana” l’ha definito l’ex cavaliere Angelo De Angelis (tre pali con la Piazzarola tra il 1960 e il 1962). “Io battagliavo con il suo Marcello Formica – ha ricordato – ma nei miei confronti aveva sempre una parola cortese”.
Un capitano d’armi e un arciere – i ruoli che lui aveva ricoperto dal 1965 al 2000 – nelle stesse ore hanno salutato Roberto Fazzini – conosciuto come “Agonia” – storico capitano degli arcieri di Porta Romana, il cui funerale è stato celebrato nella chiesa del Santissimo Crocifisso. Sulla bara sono stati deposti un drappo rossoazzurro e quella che per decenni fu la sua spada.
(fonte, Il Messaggero – Andrea Ferretti)