Passeggiando per Corso Mazzini in direzione Palazzo Colucci dopo essersi lasciati alle spalle il campo Squarcia, si può notare sulla sinistra, un inserto in pietra che corrisponde ad un architrave di un portale gotico. Tale elemento architettonico rappresenta sulla sua superficie esterna due cavalieri giostranti durante un combattimento uno contro uno. Ricordiamo agli amici quintanari che tale rappresentazione ha fatto parte della composizione del palio di Luglio 2008 vinto da Massimo Gubbini in sella a Runa per il sestiere di Porta Tufilla.
Si tratta di una rappresentazione di una delle tante modalità che hanno riguardato il nostro "fare" giostra ad Ascoli. Durante il XVI Sec. in onore di Sant'Emidio o in occasione del Carnevale si sono anche effettuate giostre a cavallo "uno contro uno", combattimento svolto con armi "cortesi" cioè aste broccate o armi smussate. L'unico obiettivo era quello di rovesciare e disarcionare l'avversario, tentando di non procurare ingenti danni fisici attraverso colpi diretti o forti urti.
Non era raro però che nel fervore della gara qualche cavaliere ne uscisse malconcio. Narra P. Tassoni nella vita di Girolama Varamonti, nostra concittadina: "Il dì doppo che Girolama si sposò, si fece ad Ascoli una giostra, ordinario e gradito trattenimento di quella nobiltà, più che altro guerriera. Fra gli altri cavalieri vi intervenne anche lo sposo (Venanzio Ferri), parte principale di quella, doveva dir festa, mà è forza che dica disgratia. Poichè cavalcando il signor Venantio con tutta bizzarria per città, disgraziatamente cadde di sella e rimase cotanto offeso in un ginocchio, che fù forzato a farsi ricondurre subito a casa....O ne fusse cagione il male non conosciuto, ò rimedij non ben applicati, il misero Venantio doppo sei mesi di continuate vicende intorno al migliorare e 'l peggiorare, finalmente se ne morì".
Poi la giostra si è evoluta ed ha avuto diverse forme, ma sempre attorno ad essa abbiamo avuto il clima della festa. La giostra è stata negli anni evento rituale atto a sottolineare e a caratterizzare il clima di festa in tutta la città e per tutte le persone che vi abitavano. Per il povero Venanzio la troppa foga nel cavalcare fu fatale. Sappiamo per certo e ci piace pensare che ci sono state anche storie a lieto fine e coronate dalla gloria del successo: l'ambito Palio.
Oggi, nel giorno di Sant'Emidio, durante la Messa con annessa visita alla cripta; a tavola, tra un Pollo Ngip&Ngiap, 'na livetta, neccò de Anisetta; nella processione del Santo; guardando lo sparo mentre facciamo "Aua,O"; quando come formiche ci aggireremo sul Lungo Castellano nel caos più totale alla ricerca della via più breve per andare via dalla "calca" del dopo-sparo; magari a molti di noi tornerà in mente una visione forse già immaginata o sognata: l'affresco vivente di una città che durante tutto il medioevo e tutto il rinascimento in questa giornata pullulava di vita, di festa, di gloria e di onore. Piena di osterie, di guerrieri, prelati, soldati di ventura, donzelle, canonici, cavalli, scudieri, insegne, colori e meraviglie architettoniche a cielo aperto. Una città che sa bene che per "reverentia et devotione de quillo che prega Dio" ogni anno si può rinnovare la grandiosità e la magia di un passato che parla ancora.
Serafino D'Emidio