ASCOLI - Perché nella città delle cento torri si è
tanto legati a quella cosa chiamata Quintana? Perché la rievocazione di un
qualcosa dal sapore medievale scuote così tanto la cittadinanza? Proviamo a
spiegarlo con molta chiarezza: la Giostra della Quintana si disputa ad Ascoli
da sempre. Sono cambiate spesso le modalità con le quali il rito della tenzone
cavalleresca si è effettuato, ma abbiamo la certezza che la sua esistenza
affonda le sue radici nel passato più austero. Come facciamo ad esserne sicuri?
E’ fondamentale leggere alcuni testi decisivi, per la formulazione di questa
tesi. Si tratta degli Statuti Ascolani del 1377, Ascoli nel ‘300 di Antonio De
Santis ed Ascoli nel ‘500 di Giuseppe Fabiani. Gli statuti sono una fonte
storica diretta, nei quali sono presenti descrizioni della Giostra e della festa di S.Emidio. Gli altri due sono testi cardine, non si
tratta di due “copia incolla” nostalgici di presunte notizie storiche e ne
tantomeno due specchietti per le allodole atti ad abbindolare i turisti.
Operando filologicamente una critica del testo ai volumi in questione, si può
efficacemente verificare l’attendibilità delle fonti che i due autori mettono
in campo all’interno della narrazione della storia cittadina, quasi sempre
legate a manoscritti originali. I quali si possono consultare presso l’archivio
di stato di Ascoli Piceno, presso la Curia diocesana e presso la biblioteca
Polo Sant’Agostino. In questi testi spesso alla genesi degli edifici focus
della città, sono associati aneddoti della vita cittadina. Tra questi, anche la
Quintana. Aprendo questi tesori, è possibile trovare al loro interno, la
scansione morfogenetica della città, fatta di forze inerziali legate al motore
costitutivo di tutte le aggregazioni urbane storiche: l’INCONTRO tra le
persone, che genera l’ordinamento della società. Il quale è, specie nel caso di
Ascoli Piceno, un elemento essenziale per comprendere le differenti fasi della
sua storia.
Per i pochi lettori che non lo sanno, la giostra
funziona così: ci sono i sei sestieri cittadini che si sfidano in una gara di
cavalieri che, in sella a un cavallo, devono colpire un bersaglio posizionato
sul braccio di un moro: è la metafora della cavalleria. Primo elemento di
mobilità sociale all’interno della società medievale. Si tratta infatti di uno
dei primi campi in cui il merito è un elemento centrale all’interno della
società. Il merito di giostra, poteva far scalare il gradino di una posizione
della gerarchia sociale: un borghese poteva diventare nobile, uno schiavo
liberarsi. Il simbolo del nemico è il Saracino, emblema della dicotomia delle
fazioni nelle crociate. La società medievale non è la società di oggi e si
farebbe un grave errore a giudicarla in termini di esclusione sociale. E’
interessante invece capire le dinamiche che hanno portato alla formazione della
società odierna, specie in termini di ordinamento politico. Si tratta di un
epoca dove si muovono i primi passi verso una gestione più democratica della
civitas. La Giostra è anche metafora di vita. Incarna in pieno il kerygma
d’ispirazione cristiana. Sintetizzando il sacro ed il profano lancia un
grande messaggio: tutto è possibile, tutto può cambiare. Si ispira
metaforicamente alla resurrectio mortuorum, si pensi al trionfo di un sestiere
che viene da una striscia negativa e conquista il palio. E’ anche una sorta di
renovatio urbis, termine rubato alla cultura romana, ma che uso per
sottolineare la funzione che hanno la festa di Sant’Emidio e i relativi festeggiamenti
cavallereschi : gli esuli tornavano in città, si festeggiava il Santo, si ridava
un impulso nuovo alle relazioni tra i cittadini, si scandiva temporalmente il
battito cardiaco della città. Così è anche oggi.
E le relazioni campanilistiche tra i sestieri? Mal s’intonano con il sentimento di incontro tra differenze fin qui
presentato, direte voi. Spostiamo la riflessione ai giorni nostri: la cultura
odierna è permeata da uno strisciante individualismo. La società è organizzata
in minoranze, che cercano lo scontro. Quest’ultimo sembra diventato
quotidianità nella gestione degli equilibri della società: si fa a gara tra
nazioni, operando un braccio di ferro drammatico soprattutto in campo
economico. Sta scomparendo la coesione sociale legata alla solidarietà a
livello locale, nazionale ed europeo; stanno nascendo meccanismi di
segregazione urbana che dall’isolamento dell’individuo traggono vantaggio per
lo sviluppo di un mercato neo-liberista che razzia e distrugge. Nei sestieri
invece, il collante relazionale non è la guerra contro l’Eurasia di orwelliana
memoria, che tradotto in termini quintanari possiamo assimilare ad una disputa
tra due sestieri; bensì la voglia di lavorare insieme per degli obiettivi comuni:
la vittoria del palio, la creazione di una vita di quartiere popolare e legata
alla stratificazione della storia cittadina, la coesione sociale, la
solidarietà. Elementi che attualmente sicuramente scarseggiano nella società di
oggi.
Il torneo, a quanto si apprende, è nato nel 1955 e ci
sono due quintanari storici di quella edizione che ancora sfilano. Nardinocchi
e Pespani sono due simboli. Sono due testimoni. Hanno vissuto un momento d’oro
per la nostra città, quello del dopoguerra: l’obiettivo era ricostruire un
unità economica e sociale della città, ed il tentativo è stato grazie alla
Quintana, quello di rievocare la storia di Ascoli. Rievocare è un atto di
archeologia sperimentale. Quando un processo culturale è legato
all’esperienzialità è un meccanismo in continuo divenire. La responsabilità della
sua corretta interpretazione è affidata all’uomo contemporaneo. Se si vuole
criticare la Quintana la critica va fatta a come questo sta gestendo il
processo, non al concetto di rievocazione. All’interno di questa responsabilità
ci sono casi virtuosi ed altri meno. Per giudicare un processo esperienziale è
necessario viverlo dall’interno, perché è solo con l’esperienza che si può
esprimere al meglio la propria opinione. Si tratta di un giudizio
anti-illuminista, legato ad un tipo di ragione che nasce dal quotidiano e dalla
vita vissuta. Non si tratta di un giudizio legato ad una teoria, bensì ad una
successione di eventi vissuti, in grado di arricchire la vita di chi interpreta
il ruolo nella rievocazione storica. E’ un processo assimilabile ad una visione
utopica di matrice espressionista, della pittura, dell’architettura e delle
arti in generale. Si pensi all’aura di magia in continua trasformazione delle
visioni utopiche dell’espressionismo tedesco di inizio secolo, che solo tramite
l’esperienza della guerra riesce a fare sintesi della propria società, aiutando
la nazione a ripudiare la stessa e a regalare nuovi scenari sociali alla
Germania. Sintesi possibile solo grazie all’esperienza vissuta. Scenari che non
hanno avuto seguito, purtroppo, a causa dello scoppio della seconda guerra
mondiale. Si trattava di anime illuminate, in un tempo sbagliato, ma oggi
guardando indietro capiamo che si tratta di un processo culturale che ha dato
il suo contributo alla storia del mondo e quindi già riconosciuto nella storia
dell’uomo. Anche l’atmosfera magica della rievocazione quintanara, rappresenta
quindi un processo culturale.
Ogni ruolo gioca una parte essenziale nella costituzione di tale processo.
Ogni ruolo gioca una parte essenziale nella costituzione di tale processo.
Il ruolo del Magnifico Messere è una figura cardine
per la Quintana di Ascoli perchè è descritto dagli Statuti del 1377. Si tratta
di una figura molto discussa ultimamente, perché nel rievocare, si è scelto che
questa è assimilabile alla persona del Sindaco della città. Il quale può
scegliere liberamente se incarnare il ruolo in questione, o delegare ad altri
tale incombenza. Solitamente la delega cade su un membro della Giunta comunale.
Grazie a questo atto, ogni Sindaco ha l’opzione di scegliere se comparire o
meno in pubblico, nei panni del Magnifico Messere. E’ una libertà che è
direttamente collegata all’immagine che il primo cittadino può dare di se. E’
giusto tutto ciò? La responsabilità di questo meccanismo è affidata a tutti i
quintanari e alla città. Se ci fosse stato un ente autonomo non sarebbe stato
così, e ci sarebbe stato il presidente dell’ente giostra, come in altre città.
Cosa è giusto fare in futuro secondo me è affidato al diritto di voto dei
quintanari, dei sestieri all’interno dell’ente e all’ente stesso. Potranno
decidere se cambiare qualcosa o non
toccare nulla. I processi democratici all’interno del mondo della Quintana sono
sempre in fermento. Il regolamento viene aggiornato periodicamente, e la
partecipazione dei quintanari è sempre più consistente. Vediamo cosa succederà
negli anni che verranno.
Saranno anni densi. Ci aspetta il sessantennale della
Quintana. Sarà una grande festa. Si perché nel dopoguerra nascono moltissime
manifestazioni legate al territorio e la Quintana è una delle prime. Una
geniale intuizione, che ogni anno amiamo rievocare, nel suo senso profondo: pensando
alla tradizione, cercando la sua traduzione.
S.D.