Quinto
appuntamento della rubrica “Tradizione Quintanara”. Dopo avervi
raccontato le origini della Giostra Ascolana, e la storia dei
Sestieri della Piazzarola, di Porta Magiore e di Porta Romana oggi è
la volta del Sestiere di Porta Solestà. Come di consueto, vogliamo
ricordare
a voi tutti che lo scopo della rubrica è quello di approfondire
ogni sabato un Sestiere diverso, attraverso un percorso storico e
culturale legato alle radici storiche, ai monumenti e alle vittorie
nella Giostre della Quintana.
PORTA
SOLESTA':
Il Sestiere di Porta Solestà è uno dei
sei Sestieri della Quintana di Ascoli Piceno. Esso si apre, oltre il
ponte augusteo e la celebre porta, in un suggestivo borgo abitato già
in epoca romana. Proprio l'antica porta e il ponte romano
costituiscono l'emblema del Sestiere di Porta Solestà. Tra le sue
case si possono cercare, oltre al Tempietto di Sant'Emidio Rosso,
l'elegante lavatoio cinquecentesco la cui acqua – la leggenda vuole
– sia stata fatta sgorgare da Sant'Emidio stesso, e il convento di
San Serafino, l'antica Santa Maria in Solestano. I colori del
Sestiere sono il giallo-blù. Tra le varie figure di rilievo del
corteo storico spicca senz'altro quella del console Emilio
Nardinocchi, presente nel corteo e nella vita attiva del Sestiere fin
dalla prima edizione del 1955. La sede del Sestiere ospita i numerosi
Palii vinti dal leggendario Marcello Formica e dagli altri grandi
campioni come Paolo Margasini, Willer Giacomoni e in ultimo per
ordine cronologico Luca Innocenzi, che è anche l'attuale campione
in carica al Campo dei Giochi.
VITTORIE:
Il Sestiere di Porta Solestà è il
Sestiere più vincente della Giostra della Quintana di Ascoli. Il
numero dei Palii conquistati è 22, vinti rispettivamente da Paolo
Margasini (9 Palii vinti nel 1993, luglio 1994, agosto 1994, 1995,
agosto 1997, luglio 1998, luglio 1999, agosto 1999, luglio 2000), il
leggendario Marcello Formica (8 Palii vinti nel 1958, 1959, 1963,
1964, 1966, 1967, 1970, 1975), Luca Innocenzi (4 Palii vinti nel
luglio 2010, agosto 201o, luglio 2011, agosto 211) e Willer Giacomoni
(1 Palio vinto nel luglio 2002). Il Sestiere di Porta Solestà vanta
anche un gran numero di Palii vinti nelle gare degli sbandieratori e
musici di Ascoli, ben 18 successi. Inoltre il Sestiere giallo-blù ha
conquistato nel 2005 il titolo italiano del campionato nazionale
sbandieratori e musici Fisb. Quest'anno al campo dei giochi sarà
Luca Innocenzi il campione da battere.
MONUMENTI STORICI:
Importante
monumento legato alla storia del patrono Sant'Emidio è il
Tempietto di Sant'Emidio Rosso.
Il tempietto è stato edificato al di fuori delle vecchie mura
cittadine di Ascoli Piceno e rappresenta uno dei siti religiosi
dedicati a Sant'Emidio, patrono della città. Sorge nel Sestiere di
Porta Solestà poco distante dal Ponte Romano e dalla Fonte di
Sant'Emidio (meglio conosciuta come “Lavatoio Pubblico di Porta
Cappuccina”). La dedicazione al Santo ricorda che in quel luogo
questi subì la pena della decapitazione e, secondo la tradizione
giografica, si incamminò, con in mano la sua testa, per raggiungere
le grotte. Queste erano il luogo dove si era rifugiato coi compagni
durante le persecuzioni, che divennero il posto del loro sepolcro ed
in seguito sede dell'oratorio trasformato, nella prima metà del
1700, nel Tempietto di Sant'Emidio alle Grotte. La piccola Chiesa, a pianta ottagonale, finestrata e con basamento di travertino liscio, nasce come ampliamento del capitello votivo che custodiva il sasso della decapitazione. La pietra è identificata col nome de “la cona de Santo Migno”. “Cona” è una parola che deriva dal greco bizantino (είκόηα) che vuol dire “ritratto o immagine” e “Santo Migno” che significa di modesta statura, piccolo, grazioso.
Il popolo dei fedeli ascolani ha destinato questa pietra a divenire la reliquia della memoria del martirio del santo celaloforo, primo vescovo di Ascoli, conservandola ancora oggi al di sotto dell’unico altare all’interno della chiesetta.
I primi cristiani protessero il cippo racchiudendolo in un modesto capitello votivo che lo custodì per lunghi secoli. Mancano dati certi tanto sul progettista quanto sugli esecutori della costruzione del tempietto. Gli storici ascolani forniscono due differenti versioni. Una vuole che verso il 1500 i canonici del duomo divennero i custodi della pietra e nel 1562 provvidero a sistemare il piccolo capitello votivo aggiungendo una grata di protezione, pavimentandolo e intonacando le porzioni di muro. Nel 1571 intervennero nuovamente sul piccolo fabbricato per apportare migliorie alla pavimentazione dell’ingresso con sassi e pietre di loro proprietà. Tra il 1592 e il 1594 gli stessi canonici si adoperarono per operare una ulteriore e definitiva sistemazione del capitello.
Fecero realizzare lavori di maggior spesa, forse affidati al maestro lombardo Marco Bonera, che da alcuni si è creduto l'artefice di una prima struttura nella stessa forma ottagonale dell'attuale tempietto. Altri storici, come Sebastiano Andreantonelli, Francesco Antonio Marcucci e Luigi Leporini, dichiarano che l’opera di costruzione del tempietto e la forma attuale fu data forse da Fulgenzio Morelli per incarico del vescovo Donati nel 1633. In realtà, il lapicida Morelli, che non era un architetto, era morto intorno alla metà del decennio precedente; la questione della paternità artistica resta dunque aperta. In particolare Andreantonelli riporta come prova dell’attribuzione questa epigrafe: "SANCTO.EPISCOPO.ET.MART.EMYGDIO.IN.LOCO.MARTYRII.EIVS.EREXIT.ET.DICAVIT.SIGISMVNDVS.DONATVS.DE.CORRIGIO.EPISC.ET.PRINC.ASCVLI.MDCXXIII (recte MDCXXXIII)" (A Sant’Emidio, vescovo e martire di Ascoli, nel luogo del suo martirio, il vescovo e principe di Ascoli Sigismondo Donati da Correggio costruì e dedicò. 1623 (1633) ).
Il tempietto si distingue per essere interamente dipinto di rosso, colore che ricorda il sangue versato dal Martire. È un luogo di culto molto sentito nella devozione popolare ed anche per questo motivo è molto facile trovarlo aperto e frequentato da cittadini ascolani.
Il Ponte Romano è una costruzione risalente al periodo dell'età augustea e si getta arditamente tra le incassate rive del fiume Tronto. Il suo ideatore è rimasto ancora oggi ignoto. Nel corso del tempo, già in epoca romana ha beneficiato di opere di restauro. Si notano infatti inseriti frammenti di fregi dorici al posto di pietre cadute. Tra il 1929 ed il 1930e successivamente tra il 1937 ed il 1938 è stato oggetto di ulteriori interventi conservativi. L'opera di consolidamento che maggiormente ha influito sulla sopravvivenza del ponte è quella avvenuta nell'anno 1938, curata dall'ingegnere ascolano G. Viccei in occasione del bimillenario di Augusto. Fra gli interventi che hanno maggiormente modificato la struttura organica del ponte, si ricorda lo svuotamento della parte interna per inserire una nuova e più moderna struttura di cemento che fungesse da scheletro e sostenesse al meglio le architetture originali d'età romana. Un cippo ricorda questo restauro e reca la scritta: "ROMANUS PONS A VETUSTATE FRACTUM FIRMITER AC COSTANTER INTUS ROBORATUS A.D. MCMXXXIX A FASC. REST. XVII.". Il 25 luglio 1943 dal cippo sono state cancellate la data ed il fascio littorio, sostituito con lo stemma della città di Ascoli.
Il ponte ha l'aspetto tipico delle opere romane ed è realizzato in opera quadrata di travertino a murazione liscia seguendo il canone architettonico dell'orizzontalità e della uniforme altezza degli strati. La lunghezza delle pietre utilizzate è variabile, ma tutte sono ordinatamente posizionate in modo che la commettitura verticale poggi sul pieno della pietra sottostante. Ancora oggi collega il centro della città con il quartiere di Porta Cappuccina. La struttura, semplice ed elegante, è decorata da uno zoccolo, alto 5 m. dal pelo dell'acqua, che costituisce anche il basamento da cui si sviluppa un ordine di pilastri addossati agli speroni di roccia. Gli zoccoli, di entrambe i lati, presentano lesene mancanti di base sormontate da un capitello in stile dorico cui segue una fascia architravata, di cm. 20, che risulta anche essere il punto di avvio e sviluppo dell'arco il cui raggio è di m. 10,70. L'apertura del fornice è messa in evidenza dai cunei, ognuno di un solo pezzo, sovrastati da una cornice sporgente, costituita da una gola ed un listello, che segue tutto il contorno dell'arco per un'altezza complessiva di m. 1.80. Il livello del piano stradale è scandito dalla presenza di un’altra fascia. I
Al termine del piano stradale del ponte, si nota sul muro di una privata abitazione che si affaccia sul piccolo slargo antistante la Fonte di Sant'Emidio, la presenza di un capitello votivo del XVIII secolo. Si compone di due cariatidi ed un affresco dedicato alla Sacra Famiglia contenuto all'interno dell'unica nicchia. Al di sopra dell'arco due genietti sostengono uno stemma. La struttura del ponte è costituita da un'unica campata realizzata con un maestoso arco a tutto sesto. Il suo piano stradale, da sponda a sponda, è di m. 62, la luce dell’arco è di m. 22.20, l'altezza al piano stradale è di m. 25, la larghezza è di m. 6.50, di cui utili m. 5.50. Queste misure erano straordinarie per l'epoca della sua edificazione, maggiori di queste appartennero soltanto al Ponte sul Danubio, costruito al tempo di Traiano, a quello di Alcantara sul Tago, in Spagna, ed al Ponte di Augusto a Narni, in provincia di Terni, del quale ci pervengono solo i resti dei piloni ed un arco minore. Il ponte è visitabile all'interno attraverso un corridoio d'ispezione il cui ingresso si trova nella testata esterna con accesso dalla porta dell'edificio che lo fiancheggia.
Interventi di scavo hanno rivelato la stratigrafia di differenti lastricati stradali succedutisi nel tempo. Quello di epoca romana era realizzato in travertino e conserva visibili i segni delle carreggiate. Dato il valore archeologico, è considerato uno dei ponti più rappresentativi della tecnica e della civiltà romana avendo conservato integralmente le sue caratteristiche costruttive. A seguito di alcuni restauri, il ponte è stato completamente svuotato dei blocchi di travertino posti nella parte interna e quelli a vista sono stati collegati e consolidati per ottenere il massimo della stabilità; all’interno dello spazio vuoto della struttura è stato gettato un nuovo ponte in cemento armato agganciato al ponte di epoca romana, che collega le due sponde del fiume. Il ponte interno non è visibile in alcun punto ed assolve sia alla funzione di sostenere la carcassa del ponte che lo contiene e sia di sopportare le vibrazioni del traffico motorizzato. Dentro i piloni sono stati ricavati spazi di ispezione ed un cunicolo che corre da sponda a sponda. Da queste camere interne è possibile apprezzare la tecnica di costruzione originale, osservare i blocchi di travertino uniti tra loro senza l’impiego di malte e mantenuti insieme dal contrasto dell’arco, oltre che gli strati delle pavimentazioni che si sono sovrapposte nei secoli.
Il Lavatoio pubblico di Ascoli Piceno, del XVII secolo, noto anche come Fonte di Sant'Emidio, si trova nel quartiere di Porta Cappuccina vicino al Ponte Romano. La sua storia è legata alla tradizione di uno dei prodigi che Sant'Emidio, martire cefaloforo, patrono di Ascoli Piceno operò in città. Si narra che il Santo non avendo a disposizione l'acqua necessaria per battezzare tutti i nuovi fedeli, convertiti al Cristianesimo dalla sua predicazione, se la procurò battendo un sasso da cui fece sgorgare la sorgente che alimenta la fonte.
Un'altra tradizione, accreditata dall'autore Secondo Balena, vuole che l'acqua della sorgente sia scaturita dalla pietra che fu il punto dove cadde e rotolò la testa decapitata di Sant'Emidio il cui martirio si compì, a Porta Solestà nel luogo dove ora sorge il tempietto di Sant'Emidio Rosso, nelle vicinanze della fonte. Si trovano notizie, per disciplinarne l'utilizzo, già nel 1625, allorquando fu pubblicato il bando riportato: «essendo stato pubblicato il bando sotto l'ult 7bre 1625 che non si possono lavare panni, ne saie, ne altra sorta di pannine, tanto ascolane quanto forestiere, nella fontana di solestà per fin alle 22 hore sotto pena di scudi due per ciascuno e per ciascuna volta, in modo tale che non siano impedite per fin alle 22 hore affinché le donne habbino comodità di lavare i loro panni». Sulla parete interna, in alto a sinistra, due conci recano incisa la scritta: «Non si impedisca alle donne di lavar panni sotto pena di tre scudi d'ordine del Consiglio celebrato. Lì 3 febbraio 1677». L'attuale lavatoio è il risultato di vari rimaneggiamenti, avvenuti nel corso del tempo, tra il 1904 e il 1905 la sua ricomposizione ne abbassò il livello. È interamente realizzato in travertino ed accoglie le sue vasche all'interno di uno spazio rettangolare, cui si accede scendendo qualche gradino.
L'area è incorniciata da una loggia suddivisa in cinque ariose arcate, sormontata da una balaustra di colonnine. Al suo interno cela anche resti di un'architettura più antica, risalente al XII secolo, ed alcune tracce si possono ancora distinguere nelle parti destre. Mancano le due fontane demolite che furono realizzate dal bergamasco donato Madonna nel XVII secolo.
Sabato prossimo non perdete il 6° appuntamento di "Tradizione Quintanara". Ripercorrremo le origini, la storia e le vittorie del Sestiere di Porta Tufilla analizzando allo stesso tempo i principali monumenti storici ubicati nel territorio del Sestiere rosso-nero.